Una sindrome rara

Maria Chiara Ventrucci

Storie simili ma esperienza unica

Ciao sono Chiara,

veramente Maria Chiara, ma in confidenza preferisco abbreviare.

Ho 46 anni e anch’ io sono affetta da distonia focale L-dopa sensibile. I sintomi cominciarono quando avevo 6 anni, il mio piede sinistro si curvava verso l’interno. Peggioravo durante le ore del giorno (la mattina la difficoltà era quasi impercettibile, la sera evidente), peggioravo col trascorrere del tempo.

Ben presto, per me fu difficilissimo camminare. Mi stancavo tanto e se non sostenuta cadevo facilmente. Io vivo in Romagna, i miei genitori, fin da subito hanno cercato risposte. Tanti ospedali (Cesena, Bologna, Milano, Firenze, Modena, L’Aquila), tantissimi esami (hanno controllato di tutto). Non c’era niente.

I medici erano sicuri fosse qualcosa i neurologico. Col peggioramento,  cominciarono ad ipotizzare, verso i miei 9 anni, un intervento chirurgico alla gamba sinistra per allungare i tendini (sembravano più corti).

Io vivevo come due vite parallele. Mi sentivo normale, volevo mettere il piede e la gamba in un modo ma non riuscivo. Questo mi impediva di fare ciò che volevo, che principalmente era aiutare i miei genitori, e questo mi faceva arrabbiare e sentire in colpa. Ma non mi sentivo ammalata.

L’ ESTATE

I miei genitori avevamo un’attività commerciale di frutta e verdura a Cesenatico, ingrosso e dettaglio. Si lavorava tantissimo. Da Pasqua a ottobre ci trasferivamo ad abitare in un appartamento sopra il negozio per facilitare il lavoro che in quei 6 mesi occupava tutti tantissimo. Questo voleva dire per noi figli  (io sono la mezzana, ho una sorella più grande di 7 anni e un fratello più piccolo di me di 4 anni) collaborare sin da piccoli nel lavoro e adeguarci a questi trasferimenti che ci allontanavano dalla scuola.

Ricordo che la fermata del pulmino della scuola più vicina al negozio era a circa 8 km. Ci portavano e venivano a prendere i ragazzi delle consegne che lavoravano per i miei genitori. I tempi di attesa lunghissimi perché c’era prima il lavoro; io in età d’elementari e mio fratello piccolino aspettavamo ore sotto il sole in questa fermata.

Verso i 9 anni faticavo a camminare, ero sempre più storta, cercavo di lavorare, ma per me era ormai impossibile. Servire le persone nel negozio per la spesa (allora sin faceva così, non esisteva il self service, anzi la frutta e verdura era sacra nessuno poteva toccarla tranne noi venditori, non si sceglieva, semplicemente si chiedeva una cosa o l’altra e noi servivamo) voleva dire camminare e io riuscivo a farlo a mala pena appoggiata con due mani altrimenti cadevo. Non era bello vedere una bambina così trascinarsi avanti indietro nel negozio per servire persone facendolo male perché …dove potevo mettere i sacchetti se le mani mi servivano per appoggiarmi?

COME MI SENTIVO

Spesso  stavo nell’appartamento di sopra, sempre da sola, umiliata perché non riuscivo ad aiutare, volevo apparecchiare, (per far loro trovare almeno pronto quando arrivavano di sopra a mangiare) c’era tanto da fare, ma anche questo per me era diventato impossibile.

Ricordo che una sera mia mamma mi trovò in lacrime e mi chiese perché piangevo.. Le risposi che, non riuscivo a fare niente. Per apparecchiare mi ero dovuta inginocchiare per terra, spingere la sedia dal tavolo fino al cucinotto, avevo appoggiato piatti e bicchieri sulla sedia e poi di nuovo in ginocchio per terra ho spinto la sedia fino al tavolo e li avendo quello di appoggio sono riuscita a mettere l’occorrente sulla tavola…

Tutto ciò solo per apparecchiare, mentre loro di sotto correvano dalle 4 del mattino alle 10 di sera, con forse 2 ore di pausa…

L’INVERNO

D’estate era così, mentre d’inverno si girava per ospedali, a cercare risposte che non c’erano, e perdevo la scuola. A scuola andavo bene anche se estremamente timida. Avevo il terrore di parlare e questo me lo porto dietro da sempre per cui ogni forma di interrogazione esame orale per me era ed è rimasto una cosa difficilissima, Non ho mai avuto problemi di apprendimento, anzi.. sono solo terrorizzata dal dover parlare di fronte a qualcuno.

Mia madre non si arrendeva a cercare, mentre mio padre mi accusava di essere vagabonda, di non camminare perché non volevo lavorare. Hanno provato a farmi fare nuoto ma non l’ho vissuto bene. Non ho paura dell’acqua, ma a causa di quella costrizione non ho mai imparato a nuotare. Tutto ciò che mi chiedeva di muovermi mi faceva vergognare perchè non ero come gli altri e non riuscivo come gli altri. D’inverno mio padre mi portava a camminare in una collina vicino a casa, spronandomi ad andare più forte, secondo lui facevo finta. I medici erano sicuri che fosse qualcosa di neurologico, a loro sconosciuto.

Giungo alla fine del racconto, sarebbe lunghissimo, ricordo con lucidità tanti passaggi.

OSPEDALI IN ITALIA

Mia madre voleva portarmi all’ estero, in Italia, i medici con professionalità e umiltà ammettevano di non sapere. Solo uno, facendomi fare l’ennesima elettromiografia da un infermiera che aveva paura di infilare aghi nei muscoli ad una bimba di 8 anni e tremava nel farlo, (tanto che le ho chiesto se voleva facessi da sola visto che ero abituata) mi diagnosticò una malattia degenerativa dicendo a mia madre che sarei morta di li a poco.

Ebbene ogni anno mi ricoveravano al Careggi a Firenze per seguire l’evoluzione, qui mia madre conosce un’altra mamma, che le da il nominativo di un neurologo di Reggio Emilia. Ci andiamo privatamente. Lui mi visita, e dice a mia madre: “mi informo se attualmente il miglior centro neurologico è in America io in Svizzera, e vi ci mando”.

SVIZZERA – BERNA

Destinazione Svizzera, Berna. Avevo 10 anni, frequentavo la quinta elementare. Partimmo in macchina io mio babbo e mia mamma. Durante il viaggio ricordo che facevo finta di dormire, cioè avevo gli occhi chiusi ma ero sveglia, forse i miei genitori pensavano dormissi. Li sentii parlare, mia mamma disse a mio padre: “ speriamo di trovare un a risposta, anche se mi dicessero che deve morire, almeno sapere che cos’ha”. Io da bimba quale ero mi sono detta,(parlavo sempre dentro di me, da sola, con Dio): “morire? Ma io non voglio morire, quanto li sto facendo soffrire per dire una cosa così, io sto bene. Dio ti prego aiutami” … recitai Padre Nostro e Ave Maria  per tutto il tragitto, fino a Berna, supplicando Dio di ascoltarmi e promettendogli che l’avrei ringraziato per il resto della mia vita.

UNA SINDROME RARA

Avevo 10 anni. Arrivammo in ospedale il lunedì mattina, mi ricoverarono. Era una clinica universitaria quindi venne il vice-primario, che parlava italiano, con tanti dottorini dietro che mi guardavano, ma io ormai ero abituata. Questo buffo gentile dottore disse a mia madre che vista la grossissima e approfonditissima cartella clinica che mi accompagnava dai colleghi italiani, non mi avrebbe fatto neanche le analisi del sangue, per lasciarmi stare. Il martedì , questo simpatico dottore, ipotizza a mia madre una malattia, se fosse stata quella era rara, molto rara, al momento non c’erano esami clinici che potessero confermarla, si poteva solo provare la cura. Ci spiega che il mercoledì avrebbero iniziato il farmaco. Il giovedì mi avrebbero dimessa dall’ ospedale, per vedere se funzionava per poi ri- ricoverarmi il lunedì e a fare gli ultimi controlli. Mio padre andò a casa visto che i tempi si allungavano. Ricordo solo che feci correre mia mamma in giro per Berna come non ci fosse un domani. In un giorno sono tornata normale, cioè potevo correre, camminare. Tornai a casa la settimana dopo sulle mie gambe, tutti urlavano al miracolo, a casa i miei zii di Cesena, mi accolsero regalandomi un cucciolo di cane, lo chiamai  Bingo.

NEL MEZZO TANTE COSE…

Ora ho 46 anni e tanto ce ne sarebbe da raccontare; le persone incontrate, le esperienze fatte, il lavoro, la famiglia,… Durante il Corona virus, ho deciso di aprire un blog, per me, perché scrivere è terapeutico e mi è sempre piaciuto, ma anche perché credo che le esperienze di vita possano essere utili agli altri a chi avrà voglia e interesse a leggere, visto i vari argomenti di cui scriverò. Non ho ancora avuto  tempo di scrivere, ma ecco che arriva Stefy, uno dei miei incontri speciali, sito nuovo, è la mia occasione per fermarmi. Riscrivo la mia storia per metterla sul sito di Stefy (http://www.camminaconstefy.com), e sarà la prima cosa che pubblicherò sul mio blog.

Buona Strada

Chiara

La mia mail cventrucci@gmail.com

Il mio blog: https://ilviaggiodellavita.eu

Argo e Cloe
Argo e Cloe

3 commenti su “Una sindrome rara”

  1. Carissima Chiara,
    sarebbe bello riuscire a scrivere qui le lacrime di commozione ed i pensieri che la tua storia della tua vita e di ciò che tu puoi aver vissuto e provato a causa della malattia.
    Sarebbe molto utile, o fondamentale, che ognuno di noi, fortunati e privilegiati a non aver mai provato e vissuto la vera sofferenza, di tanto in tanto rileggessimo la tua storia o una delle tante altre simili.
    Riconosco in te ed apprezzo la forza d’animo la tenacia e la volontà di lottare, come pure il coraggio di raccontarsi, nell’intimo di una profonda ferita.
    Sono tanto felice per te e per tutti quelli che ti circondano per la tua vita ritrovata grazie ad uno dei tantissimi viaggi che avrai fatto, accompagnata dai tuoi genitori, in cerca di un rimedio o di un verdetto accettabile.
    Ora ti meriti tanta e tutta la fortuna che non hai potuto vivere da bambina in quei tristi e sofferti anni prima del tuo viaggio della vita.

  2. Pingback: La vita - un meraviglioso quadro che sta a noi dipingere... - Il viaggio della vita

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