…e il saluto più difficile…
Fin dalla mia infanzia ho incontrato persone che hanno profondamente inciso sul mio percorso di vita.
La mia infanzia è stata segnata dalla malattia, ma ho avuto la fortuna e l’occasione di farne la mia forza.
Quando sono tornata dall’ospedale Svizzero, finalmente potevo camminare. Nel paese in cui vivevo un uomo si stava formando per aprire un gruppo scout. Quell’uomo si chiamava Enzo Astolfi (Luigi), era il marito di una dolce donna, madre, insegnante,…e per me madrina al battesimo, Angela.
Enzo era un uomo forte, appassionato, incisivo, senza tanti “peli sulla lingua”. Aveva talento e grinta. Questi personaggi non fanno sempre le cose giuste ma sono talmente incisivi nella vita delle persone che si ricordano per l’immenso valore di ciò che hanno realizzato.

Lui nell’ 87 aprì il gruppo scout San Mauro I insieme a Don Aldo Amati, Gian Luca, Giuseppe (Pino), Claudio, Lucia, Maria, Stefano…
L’esperienza scout
Io fui tra i fortunati ragazzi Sanmauresi degli anni 74 e 75 che entrammo fin da subito nel gruppo. Enzo era il nostro Capo affiancato dagli altri, tutte persone splendide, e un bel gruppo.
Per me, bambina segnata da una malattia, è stato di fondamentale importanza il percorso scout. Ero timida, insicura, non mi fidavo del mio corpo, e neanche delle mie altre potenziali capacità. Non parlavo da quanto ero chiusa, ero terrorizzata. Mi vergognavo quando dovevo giocare, perché non ero o non mi sentivo forte come gli altri. Mi vergognavo quando avrei dovuto parlare, mi vergognavo a cantare, ma mi piaceva tanto cantare.
Così, poter cantare in gruppo, magari nella penombra della sera illuminata da un bel fuoco al centro del nostro cerchio;

Così, essere parte di una Squadriglia, un piccolo gruppo all’interno di un gruppo più grande, le magiche Pantere, in cui ognuno di noi aveva il suo importante e riconosciuto ruolo;
Sono state le possibilità, sono stati quei sentieri per me possibili per continuare la strada, ed esserci. Essere protagonista di quella strada, per poi razionalizzarla quando sono cresciuta, sempre attraverso l’esperienza.
Così, un normalissimo sabato in sede, a fine incontro, quando si fa ora delle pulizie, sentire per sbaglio il tuo Capo Scout che guardando i turni delle pulizie sul cartellone, dice: “Oggi tocca alle Pantere, c’è la Chiara, non serve che controllo”.
Sentire, attraverso quelle parole, che non c’è bisogno di parlare, a volte. Lui mi aveva osservato, nel mio silenzio. Lui, già da quando ero all’inizio del mio percorso scout, si fidava di me e delle mie capacità.
Enzo mi ha dato una grandissima lezione di vita. Lui è un grandissimo Educatore. Per me, sentire per sbaglio quelle parole, è stata la mia salvezza. Considerando tutto quello che ne è seguito.
Continuai la mia esperienza scout fino ai miei 20 anni, in branca r/s. Il gruppo era in crisi, i capi non c’erano e la branca r/s non andava.
Eravamo rimasti in 6 in clan, e non c’erano più forze. Enzo continuava a far da traino sia come capo Reparto che Capo Gruppo.
Essere “chiamati”
Nel 94 decisero, lui e gli altri che davano una mano di proporci di diventare Comunità Capi senza tanti passaggi e senza aspettare i tempi e i riti canonici. Ci chiesero così di entrare in servizio subito come staff del reparto affiancati da lui.
Il gruppo scout rischiava di essere chiuso, e tutti noi, abbiamo accettato con grande responsabilità. Non bastava. Dei 5 giovani nuovi capi, uno non potè continuare e uscì dalla Comunità Capi. Dovevamo impostare anche la branca r/s altrimenti non c’era futuro per il gruppo. Dopo il primo anno come staff del reparto mi fu chiesto, insieme a Fabio di dedicarmi a questo servizio.

La responsabilità di cui Enzo mi ha investito, consegnandomi il futuro del gruppo scout in mano mi ha fatto emergere. Mi ha fatto diventare tutto ciò che sono stata da lì in poi. Diventando capo clan ho cominciato a parlare. Per i ragazzi e con i ragazzi, ho dimenticato di vergognarmi di me, e facevo, vivevo, camminavo, cantavo, Parlavo.

Un’altra chiamata per me
Subito dopo essere diventata capo clan, Enzo mi chiese di diventare capo gruppo al posto suo. Gli chiesi di darmi tempo. Lui aspettò un pò e poi mi accompagnò anche in questo passaggio. Lui, che quando ero bambina non mi ha detto niente, ma mi ha fatto sentire che aveva fiducia in me, quando fui un pò più grande mi confermò quella fiducia dandomi il suo posto.
Lui per me c’era…lui per il gruppo c’era. Aveva due grandi sogni. Aprire il Branco, così il gruppo scout era completo, e aprire l’Osteria Scout durante l’annuale fiera di San Crispino come progetto di autofinanziamento che coinvolgeva tutto il gruppo, tutti gli anni.
La malattia
Poco dopo essere diventata capo gruppo, avevo 23 anni, ci arrivò una brutta notizia. Enzo era caduto, a casa, nel bagno. Non era un caso, era un uomo forte, in forma fisicamente. Di li a poco gli approfondimenti e il terribile verdetto. Un tumore al cervello.
Come capo gruppo, con tanta fatica, passione e collaborazione di tutti, nacque sia il branco(96/97) che l’Osteria. Lui c’era ancora. Ha potuto vedere il suo sogno realizzato, ma non ha potuto viverlo come servizio per colpa di questo terribile male. Ricordo che seppi che era stato portato all’ospedale a Bologna per essere operato. In quel periodo lavoravo la mattina presto al mercato ortofrutticolo a Savignano dalle 5.00 alle 8.00 circa del mattino. Chiesi di andare via prima per andare a Bologna e vederlo, salutarlo, abbracciarlo, prima che fosse operato. Tornò a casa ma non andava bene.
Anche quando non ce la faceva più, il suo corpo, non lo reggeva più, ci ha accompagnato. Fu’ presente alla S. Messa di apertura delle attività (98). Diede il segno della pace a tutti uno per uno, fregandosene di non essere più quell’uomo forte che era sempre stato per noi. Cadde diverse volte durante questo suo straziante quanto convinto giro per dare il segno della pace. Era ormai finita la S. Messa, ma lui voleva finire il suo giro per dare la mano a tutti noi, dal capo gruppo al più piccolo dei lupetti.
A febbraio 99 morì. Lo abbiamo onorato in tutti i modi possibili in quel lungo, doloroso, profondo, saluto. Lo abbiamo vegliato, abbiamo pregato per lui, cantato con tutta la forza che avevamo nonostante le lacrime più o meno nascoste. Lui amava suonare la chitarra e cantare con noi. Abbiamo scritto, di lui, con lui, per lui.
Buona Strada

Buona strada Enzo, adesso come allora, un grande uomo, un grande vuoto, ma tanti insegnamenti.


..il saluto più difficile…