Proviamo ad elencare alcuni concetti che ci definiscono la parola “casa”.
- 1-Identità di luogo, la casa sono io
- 2-Identità di luogo, Place Identity
- 3-Identità di luogo e legame di attaccamento
- 4-E io? Dov’è la mia casa? Che cos’è la mia casa?
1-Identità di luogo, la casa sono io
Diversi luoghi possono influenzare il nostro modo di essere, agire, relazionarsi e i propri sentimenti. L’identità di luogo è ciò che permette di spiegare perché i diversi ambienti generano comportamenti diversi.
“In questo posto non mi sento a mio agio” oppure “Questo luogo mi fa sentire protetto, dona serenità e mi fa sentire come a casa”.
Quante volte avrete detto o sentito pronunciare frasi come queste.
Possono esprimere sia un sentimento di disagio o al contrario di benessere in relazione ad un ambiente, un luogo specifico.
È frequente avere luoghi preferiti e altri poco apprezzati, amare il mare o la montagna, apprezzare case semplici piuttosto che ville maestose e quindi vivere sensazioni più o meno piacevoli o spiacevoli in relazione agli stessi.
Questo risiede in quella che la psicologia ambientale definisce “place Identity” o identità di luogo.
2-Identità di luogo, Place Identity
Concetto intrigante definito per la prima volta da Proshansky (1983) come quelle “dimensioni del Sé che definiscono l’identità personale dell’individuo in relazione all’ambiente fisico attraverso un complesso sistema di idee, credenze, preferenze, sentimenti, valori e mete consapevoli e inconsapevoli unite alle tendenze comportamentali e alle abilità rilevanti per tale ambiente”
approfondendo il concetto di casa si arriva a parlare di identità, quelle caratteristiche proprie dell’individuo che risentono dell’influenza dell’ambiente e del contesto fisico grazie alle esperienze, agli eventi in esso vissuti e alla traccia lasciata nella mente e nel vissuto emotivo di ognuno.
Il vissuto emotivo ovviamente incide sul comportamento: un ambiente in cui ci sentiamo a disagio attiverà azioni di rifiuto, di evitamento oppure di tentativo di cambiamento, viceversa ambiente connotato come positivo donerà serenità, coinvolgimento emotivo e benessere
3-Identità di luogo e legame di attaccamento
Così come Bowlby nella teoria dell’attaccamento identifica il legame che il bambino costruisce e sperimenta con le figure di riferimento (cargiver), al pari Giuliani (2004) riconosce questa forma di legame anche con i luoghi.
Quando ci si sente legati affettivamente ad un luogo sperimentiamo delle emozioni forti, ricerchiamo in esso sicurezza, temiamo l’allontanamento e proviamo angoscia e preoccupazione in assenza della possibilità di ritornarci.
Ci sono luoghi a cui si è positivamente legati perché ricordano momenti sereni, spensierati, accettazione e sicurezza e altri che generano angoscia, preoccupazione e disagio.
Il legame affettivo al luogo può avere diverse forme secondo Gallino (2007): emotivo famigliare se si tratta di luogo di infanzia e di vissuto famigliare, estetica se ad attrarre emotivamente sono caratteristiche estetiche, funzionale se garantisce la messa in atto di azione lavorativa o di studio, socio-emotiva se si tratta di luoghi in cui solitamente si socializza e cognitivo-culturale se si tratta di luoghi fantastici o importanti a livello culturale.
L’ambiente in cui si vive e agisce non è neutrale ma assume una forte valenza emotive che influenza gli atteggiamenti. L’identità di luogo permette di spiegare perché ogni persona agisce diversamente nei diversi ambienti, da cosa questa reazione sia dovuta e le sensazioni provate.
4-E io? Dov’è e cos’è la mia casa?
Stanotte mi sono svegliata. Sono andata al piano di sotto della mia abitazione mia, dai miei cani. Ho pulito un bel po’, l’ultimo arrivato ancora ne combina, pipì ovunque.
Finito di pulire ho pensato alle fatiche di questo momento.
Argo era sul suo divanetto. La sua postura e la sua posizione mi hanno fatto “casa” mi è venuto spontaneo sedermi accanto a lui e lui si è addormentato.
In quel momento si è aperta in me questo giro di pensieri. Gli altri cani si sono avvicinati per farsi fare le coccole. Anche Ricky, l’ultimo arrivato, un cucciolo che ha paura della sua ombra, chissà cosa nasconde il suo passato, per essere così spaventato. Forse gli è mancata una casa e una mamma.
La notte fa miracoli; ci da il tempo di rielaborare.
Anche Cloe e Argo fanno miracoli; di notte Ricky gioca, è curioso, annusa, abbaia, scodinzola. comincia a sentirsi più al sicuro in questa casa.
Di notte quando i miei cuccioli si accucciano, accucciandomi con loro, mi sento in pace.
Di notte, con i miei cani e grazie a loro ho scoperto di sentirmi a casa. E allora mi sono chiesta: ma che cosa è la casa, dov’è?
Il concetto di casa è molto intimo, profondo, quasi viscerale. E’ il posto dove abitiamo, i luoghi dove siamo vissuti da piccoli, o ancora sono il paesino da cui si proviene, in cui si è si conosce tutto e tutti. Dove passandoci anche dopo tanti anni, ogni particolare ti ricorda un vissuto. Un ricordo che è diventato parte di noi.
Può essere una voce, un modo di essere guardata, vista, salutata;
è sentire dormire i tuoi cani nel modo più profondo e abbandonato possibile;
sono i tuoi figli che si sistemano in una sorta di letto matrimoniale a terra fatto con cuscini e coperte per guardare un film comico e ti chiedono i pop-corn;
E’ anche pulire, fare faccende e sentire i tuoi figli giocare, esplorare, costruire, sperimentarsi, confrontarsi, litigare, ridere.
Mia figlia Bianca potrebbe giocare un intero pomeriggio con una lumaca trovata in giardino, prendersene cura dandole da mangiare.
Mio figlio Federico ha costruito una casetta, con ingegno, precisione e pazienza, per la coccinella che ha trovato.
Casa è preoccuparsi per il futuro, dei nostri figli e dei nostri cani.
E’ soffrire e far soffrire per tutto ciò che non viviamo bene; è pregare per trovare pace.
E’ andare via per poco o molto tempo e poi tornare. Quello fa molto casa.
Guardare i cani dormire, nelle loro posizioni eternamente cucciole, indipendentemente da età e taglia, quello fa molto casa.
E’ sognare e progettare per il futuro.
E allora nonostante le fatiche, ringrazio Dio che ho, che sono e siamo Casa.
E come disse il grande don Oreste, potremmo provare a fare un po’ di Giustizia.
Se abbiamo una abitazione, condividiamola con qualcuno che non ce l’ha.
Nel mondo tanti bambini/persone per mille motivi non hanno un posto dove vivere. È vero che è tutto sbagliato, la politica, la scuola, la sanità, la giustizia, però io ho una casa.
Io mi posso sentire a casa, nella ciclabile in cui vado a camminare ogni mattina, negli odori e nei rumori che sento e riconosco ogni giorno.
Ne posso sentire il calore nell’incontro con i vicini di casa, nel miracolo della vita che nasce attorno a me nelle case accanto, nella condivisione del quotidiano.
Condivido la mia dimora con la mia famiglia e i miei cani.
Ma un bimbo ucraino, in questo momento, (ucraino solo per tirare in ballo l’attualità che fa notizia ora ma potrebbe essere di tanti altri posti sia pensando alle guerre, ma anche altri problemi che accentuano distanze e diversità ogni giorno di più) potrebbe non avere niente di tutto ciò.
Posso fare qualcosa? Potremmo essere una piccola parte oppure per un breve periodo Casa per qualcuno?
“Il grazie è abituale sulle labbra di chi non si sente padrone di nulla e comprende che nulla di ciò che ha è suo.“ — Oreste Benzi
Fonte: https://le-citazioni.it/frasi/207884-oreste-benzi-il-grazie-e-abituale-sulle-labbra-di-chi-non-si-se/